Effettuare la valutazione del rischio sismico, soprattutto per alcuni “non addetti ai lavori”, si presenta come una attività abbastanza complessa, tanto da poter indurre molti consulenti ad affermare la non necessità di tale valutazione. Tralasciando il fatto che ormai già dal 2005, con la nuova classificazione del territorio nazionale, sono realmente poche le zone a bassa pericolosità e/o a bassa sismicità, risulta doverosa una rivisitazione della valutazione se non altro ai sensi dell’art. 29 comma 3 del D.Lgs. 81/’08 che recita:
“La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate. Nelle ipotesi di cui ai periodi che precedono il documento di valutazione dei rischi deve essere rielaborato, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, nel termine di trenta giorni dalle rispettive causali. Anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell’aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”.
Certamente gli infortuni mortali accaduti a seguito di un terremoto, non ultimo in ambito lavorativo come nel sisma dell’Emilia del 2012, sono eventi di una gravità tale da rientrare a tutti gli effetti in un piano di aggiornamento del documento di valutazione dei rischi.
Assodato quindi della necessità di introdurre una sezione specifica di valutazione del rischio sismico all’interno del Documento di Valutazione dei Rischi – DVR, allora come procedere?
Si possono intraprendere più percorsi.
Innanzitutto considerando che il rischio sismico è funzione della pericolosità P, della vulnerabilità V e della esposizione E, si potrebbe procedere, almeno in via qualitativa, alla valutazione mediante una matrice del rischio che tenga in considerazione tutti e tre i fattori.
Diversamente si potrebbe ricorrere a modelli di analisi quantitativi (metodo analitico) che tengano in considerazione le NTC del 2008 o al metodo basato sul giudizio degli esperti con l’utilizzo di schede di vulnerabilità di I e II livello redatte dal Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti (GNDT).
Indipendentemente dalla metodologia utilizzata, è importante che non ci si fermi difronte a giudizi semplici e/o colpevoli, del tipo “non siamo in zona sismica” oppure “qui a memoria, non ci sono mai stati terremoti”. Purtroppo il sisma emiliano del 2012 ha di fatto rivoluzionato il panorama sismico/legale, in una zona dove terremoti come quelli del 2012 hanno avuto una frequenza prossima allo zero, ma che nel momento in cui si sono presentati hanno mietuto molte vittime anche tra i lavoratori durante l’attività lavorativa e sul luogo di lavoro (e quindi in piena applicazione del D.Lgs. 81/’08).
La valutazione del rischio non si deve limitare solo alla ricerca/possesso del certificato agibilità! Poco, mi dice infatti questo documento, circa la reale capacità del luogo di lavoro di rispondere ad un eventuale azione sismica.
Testo consigliato: “La valutazione del rischio sismico ai sensi del D.Lgs. 81/2008” – Stefano Gaudioso – Maggioli Editore.
rischiosismico@rost81.it – 06/97234064
www.rost81.it