Molti Datori di lavoro, sicuramente in buona fede, disattendono l’obbligo di fornire a proprie spese il vestiario da lavoro, non ritenendolo (giustamente!) un Dispositivo di Protezione Individuale-DPI (peccato che in alcune circostanze il vestiario sia equiparato al DPI!).
Questi stessi Datori di lavoro ignorano però, oltre che la normativa vigente in sicurezza e salute sui luoghi di lavoro, anche le regole di buon senso in materia di rapporto lavorativo.
Con questo articolo proveremo a fare un pò di chiarezza circa l’annosa questione se sia un obbligo o meno a carico del Datore di lavoro, la fornitura del vestiario e la sua pulizia.
Il primo punto è capire se l’attività svolta, oltre a prevedere un vestiario particolare e/o una divisa, sia o non sia una attività insudiciante e cioè che sottopone il lavoratore, durante lo svolgimento della sua mansione a polveri, olii, gas ecc.. e quindi se il vestiario assolve alla funzione di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Appurato che l’attività sia insudiciante viene da sè che il lavoratore sia “costretto” all’utilizzo di un vestiario diverso da quello con cui si reca sul luogo di lavoro. Questo perchè, sia per buon senso, sia per normativa, non è “nè cosa buona e nè cosa giusta” che un lavoratore “insudiciato” di polveri, olii, gas, microbi (ecc..) torni a casa con degli abiti “sudici” (con tutto quello che ne conseguirebbe e cioè contaminazione dell’ambiente domestico, promiscuità tra abiti della famiglia ed abiti da lavoro, eventuale scarico in fogna di possibili rifiuti speciali durante le operazioni di lavaggio)!
Pertanto anche l’ordinario vestiario da lavoro, se permette di proteggere il lavoratore da sostanze (e quindi da un rischio polveri, piuttosto che chimico oppure biologico) evitando che le stesse entrino in contatto con la pelle o con gli indumenti del lavoratore, deve essere considerato un indumento protettivo (non un DPI ma equiparato a DPI) e pertanto dovrà essere fornito a spese del Datore di lavoro e da questi periodicamente lavato. Il lavoratore ne dovrà avere invece debita cura e rispettare le eventuali istruzioni del produttore su utilizzo e conservazione.
Quanto esposto è ben chiarito nella circolare del Ministero del lavoro n. 34 del 29/04/1999, che pur nascendo in contesto “626” è chiaramente applicabile anche ai giorni nostri.
Si riporta di seguito il testo della circolare.
“Circolare del Ministero del Lavoro n° 34 del 29/04/1999”
Considerati alcuni dubbi sorti in merito agli indumenti di lavoro quando sono destinati ad assolvere ad una funzione di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, si ritiene opportuno richiamare l’attenzione sul complesso della pertinente legislazione prevenzionistica, ai fini della sua corretta e puntuale applicazione.
Gli indumenti di lavoro, possono assolvere a varie funzioni:
A) elemento distintivo di appartenenza aziendale, ad esempio uniforme o divise;
B) mera preservazione degli abiti civili dalla ordinaria usura connessa all’espletamento della attività lavorativa:
C) protezione da rischi per la salute e la sicurezza.
In tale ultimo caso, tali indumenti, rientrano tra i dispositivi di sicurezza che assolvono alla funzione di protezione dai rischi, ai sensi dell’art. 40 del Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
Rientrano, ad esempio, tra i dispositivi di protezione individuale (DPI) gli indumenti fluorescenti che segnalano la presenza di lavoratori a rischio di investimento, quelli di protezione contro il caldo od il freddo, gli indumenti per evitare il contatto con sostanze nocive, tossiche, corrosive o con agenti biologici, ecc,
L’articolo 43, comma 4 del Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. prevede che il datore di lavoro, debba assicurare le condizioni igieniche nonché l’efficienza dei D.P.I. ossia il mantenimento nel tempo delle loro caratteristiche specifiche quali, ad esempio, l’impermeabilita’ o la fluorescenza (vedi al riguardo la sentenza della Corte di Cassazione, sezione lavoro, n. 11139/98 del 9 luglio 1998).
Ciò vale ovviamente anche per gli indumenti di lavoro che assumano la caratteristica di dispositivi personali di protezione.
A tale scopo è necessario che il datore di lavoro provveda alla loro pulizia stabilendone altresì la periodicità.
Detta pulizia può essere effettuata sia direttamente all’interno dell’azienda, sia ricorrendo ad imprese esterne specializzate, la scelta, ricade sotto la responsabilità del datore di lavoro.
In via generale, qualora gli indumenti sono o possano essere contaminati da agenti chimici, cancerogeni o biologici, nel caso che si provveda alla loro pulizia all’interno dell’azienda, il datore di lavoro dovrà tenere conto dei rischi connessi con la manipolazione ed il trattamento di tali indumenti da parte dei lavoratori addetti e pertanto dovrà applicare le stesse misure di protezione adottate nel processo lavorativo; se viceversa, si sceglie un’impresa esterna, il datore di lavoro, come già ricordato, responsabile delle buone condizioni igieniche e dell’efficienza di tali D.P.I, efficienza che un errata pulizia potrebbe pregiudicare, deve preventivamente assicurarsi che l’impresa stesso abbia requisiti tecnici professionali sufficienti allo scopo e curare che tali indumenti vengano consegnati opportunamente imballati, ed evitare rischi di contaminazione
esterna.
Il datore di lavoro inoltre, dal momento che é tenuto, ai sensi dell’art. 4 comma 5, lett. n del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, ad assumere gli appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate (uso dei DPI) possono causare rischi per la salute della popolazione, fra cui rientra, a questi fini, il lavoratore esterno, deve provvedere alla puntuale informazione della lavanderia esterna sulla natura dei rischi connessi alla manipolazione degli indumenti contaminati, e sulla loro entita’.
Ovviamente l’impresa esterna è responsabile della sicurezza dei propri dipendenti e dovrà pertanto provvedere alla valutazione dei rischi ed alle conseguenti misure di prevenzione e protezione, anche sulla base delle informazioni fornite dal datore di lavoro che ha conferito l’incarico della pulizia degli indumenti.
Si evidenzia poi, in particolar modo, la disciplina specifica dettata dagli art. 14 comma 2 e 28 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, nel caso in cui l’agente contaminante sia il piombo o l’amianto.
Il datore di lavoro dovrà provvedere affinché gli indumenti di protezione siano riposti in luogo separato da quello destinato agli abiti civili; il lavaggio dovrà essere effettuato in lavanderie appositamente attrezzate, con macchine adibite esclusivamente all’ attivita’ specifica; il trasporto dovrà essere effettuato in imballaggi chiusi, opportunamente etichettati.